Quell'attivismo pro-prostituzione che odia le sopravvissute



Che l'attivismo a favore del mercato del sesso abbia problemi di misoginia è un dato di fatto. Oltre a sostenere un'industria maschilista e patriarcale, spacciandola come libertà sessuale ed emancipazione economica, le attivisti e gli attivisti del "sex work" non esitano mai a silenziare le donne sopravvissute alla prostituzione con accuse di bigottismo, moralismo ecc. In Italia è successo anche ad Adelina Sejdini, vittima di tratta suicidatasi lo scorso novembre, che venne ignorata e svilita dai paladini e dalle paladine del finto progresso, salvo poi essere ricordata con i loro post farciti di ipocrisia melensa dopo la sua morte. L'accusa che l'attivismo pro-prostituzione muove contro le sopravvissute è che "userebbero" il loro vissuto per generalizzare sull'intero commercio sessuale, compiendo, sempre a suo dire, violenza contro le altre sex workers. Ma, quando le sopravvissute cercano il dialogo o partecipano a degli eventi per raccontare le loro storie, vengono aggredite, ostacolate ed insultate proprio da coloro che muovono le accuse di violenza. La verità è che a queste persone spaventa l'idea che una sopravvissuta metta a nudo la realtà della compravendita di sesso, che, tolte le "sex workers" della webcam, della vendita di foto di nudo e via discorrendo, privilegia la domanda. E le sopravvissute, aprendosi al mondo, mettono in luce la misoginia e le motivazioni che permettono alla prostituzione di sopravvivere. Per dimostrare quanto l'attivismo a sostegno dell'industria del sesso possa compiere violenza misogina, riportiamo alcuni post di attiviste e attivisti pro-prostituzione.

Questo post su Tumblr si riferisce a Rachel Moran, sopravvissuta alla prostituzione in Irlanda, nonché autrice del libro Stupro a pagamento - La verità sulla prostituzione e fondatrice di SPACE International (associazione composta da sopravvissute all'industria del sesso di tutto il mondo). 

"Sono amica di sex workers irlandesi e conosco i danni che l’ideologia di questa donna ha portato alla comunità. Abolire il sex work o i nostri clienti NON aiuta con quello di cui sta parlando (e potete scommettere che è parsimoniosa con la verità, come al solito).
È anche una TERF. Non rebloggate o fate gif su Rachel Moran. Mai. È una vergogna per le femministe irlandesi."
"È un essere umano orribile che mette in pericolo le vite delle sex workers camuffando tutto ciò da aiuto per le donne. Non mi sorprende che sia una TERF. TERF e SWERF vanno a braccetto.
Il suo messaggio è una stronzata e non rappresenta la maggioranza delle esperienze nel sex work in Irlanda."
Aggiunge: "Le sex workers che parlano delle loro esperienze negative e le usano per opprimere le altre sex workers non sono “coraggiose”. Usano la retorica della donna vittima che cerca redenzione. Le donne che non si vergognano di quello che fanno sono le vere coraggiose. Ma non le sentirete spesso, visto che le loro voci non vengono supportate."

Una persona commenta facendo notare la mancanza di empatia nei confronti della sopravvissuta Rachel Moran e delle vittime di tratta. Ecco la sua risposta:



"Siccome sono una che è stata costretta a fare la cam girl e ha subito atti di slutshaming e puttanofobia, io posso dire 'puttana' e 'puttanofobia', invito tutti a parlare di puttanofobia. Ho stretti contatti con circoli di sex workers e conosco sex workers di strada, il discorso che è solo una minoranza privilegiata a scegliere è una fallacia. Nella realtà sono poche le scelte semplici, c’è un elemento di coercizione in tutte le scelte causate da un guadagno limitato. Quello che dici non è vero. Ovviamente io non posso provare che la tua visione globale sulla natura morale del sex work e dell’intrattenimento maschile sia sbagliata (fidati di me, mi sono sentita più sfruttata in altre situazioni piuttosto che a compiere atti sessuali davanti ad una video camera e so che le sex workers di strada si sentono più sfruttate con lavori che pagano poco) dato che non sei aperto a ciò, ma ciò che dici non è statisticamente vero. Posso definire le voci delle donne 'uscite' come oppressive perché puntano a leggi che fanno del male alle persone che lavorano. Sono loro, per molti versi, quelle privilegiate, vengono premiate per ripetere la retorica della donna vittima. Queste leggi coprono anche le camgirl come me. 
Non manco di compassione per le persone che hanno subito abusi sessuali o fisici. Tu ovviamente non vedi la parte di me che lotta di giorno in giorno per il femminismo.
Ma odio le persone che provano a generare compassione da usare contro gli altri."

Una sopravvissuta alla prostituzione scrive su Twitter: 
"E pensare che due anni fa avevo un dolore lancinante all’ano per via della prostituzione, ho sviluppato ragadi anali perché i clienti erano violenti con me. E la gente ha l’audacia di chiamarmi SWERF perché mi oppongo all’industria del sesso."

La stessa sopravvissuta scrive: "Effetti a lungo termine che la prostituzione ha avuto su di me:  

-depersonalizzazione: non riesco più a sentire il mio corpo.  Mi sento disconnessa da esso.

-ansia: ogni giorno ho paura di morire, di impazzire. Devo prendere le benzodiazepine altrimenti soffro di attacchi di panico

-dissociazione: non riesco a concentrarmi per più di 5 minuti per volta. La mia mente continua a disconnettersi e non riesco più a partecipare attivamente alle discussioni.

-flashback: continuo a vederli, a sentire loro e le loro voci e inizio a impanicarmi. Desidero solo che i ricordi spariscano

-depressione: sono sempre stanca e molte cose che mi piacciono ormai non mi rallegrano più. La maggior parte del tempo voglio solo dormire.

-non provo più nessun desiderio sessuale”

Un'altra sopravvissuta su Twitter scrive: "Ai clienti che difendono violentemente la prostituzione e urlano 'sex work is work' non importa nulla di noi. Gli importa solo del loro diritto di comprarci e hanno paura di essere puniti per l’aver stuprato una donna." 
La risposta al tweet da parte di un'attivista pro-prostituzione non si fa attendere: 

 "Il lavoro sessuale è lavoro e TU sei un pericolo per le sex workers tanto quanto i trafficanti."

Una/un abolizionista su Twitter: "Il lavoro sotto il capitalismo è lavoro coercitivo, il sesso coercitivo è stupro, fatevi due calcoli. Sono le donne più vulnerabili a soffrire e molte hanno passato un’infanzia di abusi."

Attivista pro prostituzione in risposta al tweet: "Il sesso coercitivo e il sex work coercitivo sono due cose diverse."

Anche noi di Sex industry is violence abbiamo ricevuto etichette quali "SWERF" (Sex Workers Radical Feminist) e "TERF" (Trans Exclusionary Radical Feminist), che naturalmente respingiamo perché difendiamo i diritti di tutti gli esseri umani, inclusi quelli delle persone transessuali, che devono avere il diritto al lavoro e a spazi sicuri contro le discriminazioni, non di certo un'esistenza sulla strada o negli appartamenti, tra stupri e violenze. Noi accogliamo tutte le soggettività, purché ci sia piena coesione con i principi del nostro attivismo. Inoltre, di comune accordo abbiamo deciso di non trattare altre tematiche al di fuori dell'industria del sesso, in modo da rimanere su un unico tema. La cosa che più ci spaventa è la mancanza di empatia di queste persone, che oltre a non ascoltare le sopravvissute, sminuiscono i loro vissuti, accusandole di mendacia e di violenza contro le altre donne prostituite. L'abolizionismo non mira a negare i diritti umani di nessuno, bensì a porre fine alla violenza maschile e patriarcale dell'industria del sesso.

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